Museo Galileo: 1930-2010 : L'alluvione del 1966

L'alluvione del 1966

Situato negli immediati pressi dell’Arno, Palazzo Castellani fu uno dei più colpiti dalla violenza dell’alluvione del 4 novembre 1966. L’acqua, mista a nafta e fango, invase con violenza le cantine, e, fino a quattro metri di altezza, il piano terra. Le centinaia di strumenti sepolti da un’ondata durata diverse ore subirono danni ingentissimi e ci vollero molti giorni solo per sgomberare i locali dal fango. L’aiuto di decine di volontari, insigni professori e anonimi cittadini, guidati da un’instancabile Righini Bonelli permise il salvataggio degli strumenti che, una volta tratti dal fango, venivano affidati a laboratori esterni o, come è il caso del banco chimico di Pietro Leopoldo e di numerossissimi altri strumenti di elettricità, alle cure di Alberto Ulivelli e di Andrea Rabbi, falegname assunto per l’occasione. La consulenza di specialisti, restauratori e storici della scienza, anche stranieri, illuminò di nuova luce una collezione che, a poche ore dalla tragedia, sembrava perduta. La Righini Bonelli seppe trasformare la tragedia in opportunità e dai locali del Museo invasi dal fango stava rapidamente nascendo la prima scuola di restauro di strumenti scientifici. La reputazione internazionale che il Museo aveva recentemente acquisito, gli assicurò un generoso sostegno finanziario anche da parte di molte istituzioni e fondazioni straniere. I. Bernard Cohen, legato al Museo da un affetto particolare, coinvolse con successo anche la Rockefeller Foundation.

Miracolosamente, la maggior parte degli strumenti venne restaurata, e solo le pietrificazioni di Segato e Spirito, così come alcune cere dello Zumbo e il preziosissimo orologio meccanico di Johann Philipp Treffler, subirono danni irreparabili.

L’immane lavoro di recupero, che impegnò a Firenze migliaia di volontari provenienti da tutto il mondo, ispirò la Righini Bonelli a fondare l’Accademia degli Infangati.