Opere

Le operazioni del compasso geometrico e militare (1606)

Primo scritto firmato da Galileo, presentato come un gioco didattico destinato all'istruzione del principe Cosimo de' Medici, le Operazioni del compasso descrivono in realtà il funzionamento di uno strumento particolarmente evoluto e preciso che permetteva di rispondere, con l'applicazione di leggi matematiche, alle domande via via nuove poste dal progredire della tecnologia nel campo militare e delle discipline pratiche in generale. Misurazioni e calcoli risultavano facilitati e la vita dei tecnici semplificata a tal punto che Galileo dovette assumere un artigiano per costruire più esemplari del compasso e far fronte così alle richieste che gli provenivano dai suoi allievi, molti dei quali rampolli della nobiltà veneta. Vista la singolarità dello strumento e la varietà delle sue possibilità applicative, non mancarono tentativi di plagio che sfociarono anche in una causa legale.

Difesa di Galileo Galilei contro alle calunnie & imposture di Baldessar Capra (1607)

Diversi personaggi in cerca di benefici economici e di facile notorietà tentarono di millantare come propria invenzione il compasso di Galileo. Il caso più eclatante fu quello di Baldassarre Capra che pubblicò una traduzione latina delle Operazioni del compasso geometrico e militare firmandola come se ne fosse stato l'autore. Già in occasione della comparsa della stella nova nel 1604 il Capra aveva calunniato a mezzo stampa Galileo, che aveva scelto di non rispondere alle provocazioni. Questa volta, però, non poté fare a meno di reagire e denunciò il Capra, che fu condannato dai Riformatori dello Studio di Padova al sequestro e alla distruzione dell'intera tiratura del libro. Visto che qualche esemplare era comunque sfuggito, Galileo decise di pubblicare una Difesa contro alle calunnie et imposture di Baldesar Capra, che ne smascherava l'ignoranza, facendo giustizia delle sue insinuazioni, antiche e recenti.

Sidereus nuncius (1610)

Usando il cannocchiale per la prima volta come strumento scientifico e non come oggetto stravagante degno solo di curiosità, Galileo esplorò il cielo. Ai suoi occhi non apparvero solo le meraviglie della natura, ma le prove fisiche che molte delle teorie astronomiche in voga, risalenti ad Aristotele, erano in realtà false. Nel Sidereus nuncius (cioè il messaggero che viene dal cielo ad annunciare le nuove scoperte) Galileo dà conto dei risultati delle sue osservazioni della Luna, della Via Lattea, e soprattutto di quattro satelliti di Giove svelati per la prima volta. Le nuove scoperte confutavano anche alcune presunte prove che i sostenitori del sistema aristotelico-tolemaico portavano contro la teoria della mobilità della Terra, e contribuirono così a rafforzare le convinzioni copernicane di Galileo. Tante eclatanti rivelazioni spinsero il Granduca di Toscana a chiamare Galileo a Firenze come Primario Matematico e Filosofo di Corte.

Discorso intorno alle cose che stanno in sull'acqua (1612)

Un gruppo di aristotelici fiorentini che faceva capo a Lodovico delle Colombe trascinò Galileo in una sfida sul galleggiamento. A una fisica descrittiva che imputava alle diverse forme dei corpi le variazioni di comportamento in acqua, Galileo contrapponeva le leggi dell'idrostatica di Archimede, incentrate sulle differenze di peso specifico, concetto estraneo alla tradizione aristotelica. Il Discorso intorno alle cose che stanno in su l'acqua e che in quella si muovono chiudeva, nelle intenzioni di Galileo, uno snervante battibecco fatto di incontri, defezioni e pubbliche dimostrazioni, nate sì dalle divergenze teoriche, ma non immuni da provocazioni, invidie personali e tentativi di autoaffermazione da parte degli avversari. La controversia si protrasse invece negli anni a venire, per chiudersi solo nel 1615 con una Risposta firmata da Benedetto Castelli, che fin dall'inizio aveva coadiuvato il maestro nella polemica, agli ultimi due opuscoli scritti contro Galileo sul tema dei galleggianti.

Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari (1613)

Osservando il Sole al telescopio, Galileo aveva scorto sulla sua superficie numerose macchie. Altrove le stesse macchie erano state osservate da Christoph Scheiner, un matematico gesuita allora residente in Baviera. Mark Welser, notabile di Augusta e conoscente di entrambi, sollecitò un parere sulla nuova scoperta. Le divergenze che emersero sulla natura delle macchie solari rispecchiavano la divaricazione di fondo fra la posizione inossidabilmente filoaristotelica dello Scheiner, incapace di superare l'idea dell'incorruttibilità dei cieli, e la proiezione di Galileo verso la nuova cosmologia copernicana. Le tre lettere inviate da Galileo al Welser e pubblicate dall'Accademia dei Lincei col titolo di Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari e loro accidenti non si fermano perciò alla disamina del fenomeno osservato, ma lo prendono a pretesto per attaccare il conformismo acritico degli avversari, fino ad affermare la verità naturale dell'eliocentrismo e del moto terrestre.

Lettere Copernicane (1612-1615)

L'esplicita adesione di Galileo ad una cosmologia copernicana suscitò all'interno degli ambienti ecclesiastici il timore di veder dimostrato l'errore dei testi sacri, che parlavano chiaramente di moto del Sole. In particolare fra i domenicani di Firenze si levarono voci talmente allarmate da sfociare in una denuncia al Sant'Uffizio. Sollecitato, Galileo affidò ad alcune scritture private, che mai pubblicò, la propria idea del rapporto di non ingerenza reciproca fra teologia e filosofia naturale. Nelle tre lettere indirizzate a Benedetto Castelli, a Piero Dini e a Cristina di Lorena non solo tentava di dimostrare la possibilità di conciliare il copernicanesimo con la Sacra Scrittura (che non può esser soggetta ad errore, al contrario però dei suoi interpreti), ma auspicava anche la separazione del campo d'influenza del teologo, tutto spirituale e morale, da quello del filosofo, incentrato sulla ricerca delle verità naturali. Gli sforzi di Galileo risultarono però vani e il moto della Terra fu comunque vietato dal Sant'Uffizio come falsa dottrina.

Il Saggiatore (1623)

Tre comete apparse fra il 1618 e il 1619 furono pretesto di un'ennesima polemica, intercorsa questa volta fra Galileo e il gesuita Orazio Grassi. Galileo, però, era ora imbavagliato dal pronunciamento del Sant'Uffizio che aveva sospeso il De revolutionibus di Copernico, ammettendo solo come ipotesi matematica la teoria del moto della Terra e vietando di sostenerla come verità naturale. Non poteva perciò controbattere efficacemente all'impianto cosmologico del Grassi che aveva fatto proprio il sistema geo-eliocentrico di Tycho Brahe, dopo che le scoperte celesti di Galileo avevano reso evidente l'erroneità del sistema tolemaico. Momento più saliente della disputa sulle comete, la natura delle quali non era stata compresa appieno da Galileo, Il saggiatore è una pietra miliare sul piano metodologico e delinea una nuova scala di valori nella filosofia naturale, dove autorità e tradizione, letteratura e libri, hanno un peso infinitamente minore rispetto allo studio del mondo e delle leggi matematiche che lo governano. Per alcune affermazioni ardite sulle qualità primarie e secondarie dei corpi neppure Il saggiatore fu immune dalle indagini dell'Inquisizione, sfumate alla fine nel nulla.

Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632)

Pur non essendo riuscito per le vie diplomatiche a far riabilitare dalla Chiesa il sistema eliocentrico e il moto della Terra, Galileo non rinunciò a scrivere la sua opera cosmologica, da sempre nei suoi progetti. La sua attenzione si era soffermata a lungo sui moti di marea, nei quali pensava di aver individuato (e non del tutto a torto, anche se non aveva perfettamente compreso tutte le cause del fenomeno) la prova fisica della combinazione fra moto diurno e moto annuo della Terra. Ma nel timore di un'evidenza non confinata all'ambito matematico, il papa pretese, fra l'altro, che questo non fosse l'argomento centrale del libro. Il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo ripercorre perciò tutti capi salienti della convinzione geocinetica di Galileo, la sostanza della Luna, i satelliti di Giove, le macchie solari, la relatività del moto, e (diluite fra gli altri) le maree, con la contrapposizione sì di tutti gli argomenti portati in contrario dai sostenitori di sistemi cosmologici geocentrici e geostatici, ma con indizi più stringenti della loro maggior plausibilità, conditi da inequivocabili lezioni di metodo. Nonostante le mille precauzioni, il Dialogo fu proibito e Galileo condannato all'abiura.

Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze (1638)

Dopo la condanna, a Galileo fu proibito di occuparsi di questioni cosmologiche, e fu vietata dall'Inquisizione la pubblicazione di qualsiasi suo scritto. Ma la sua incessante curiosità non lo fece desistere dalla ricerca, spostandone solo l'oggetto dalla fisica celeste alla fisica terrestre. Nei Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, stampati a Leida in Olanda dove i veti dell'Inquisizione non furono rispettati, Galileo fece il punto delle conoscenze che era stato capace di acquisire in tutta la sua vita. Le due nuove scienze riguardavano la struttura della materia e la sua resistenza a rompersi, e i fenomeni del moto locale. Il tutto infarcito di mille digressioni sui più svariati effetti naturali. Il libro non parve destare particolari reazioni di sdegno o apprensione, nonostante una materia costituita da atomi e vuoto, e una fisica del moto prettamente copernicana.