Le operazioni del compasso geometrico e militare (1606)

Introduzione

Nell'estate del 1606 Galileo stampava a Padova Le operazioni del compasso geometrico et militare, un testo di matematica pratica che rappresentava il suo esordio nel campo dell'editoria tecnico-scientifica. Pur essendo concepito come uno "scherzo matematico" [II, 367] per l'istruzione del giovane principe Cosimo de' Medici, l'opuscolo descriveva le operazioni di uno strumento raffinatissimo: il primo vero strumento di calcolo multifunzionale dell'età moderna. Il libro fu stampato in sole 60 copie che venivano vendute in casa dell'autore insieme ad altrettanti esemplari del già famoso compasso. Galileo aveva elaborato lo strumento nel 1597 e fin dal 1599 aveva assunto un artigiano per far fronte alle numerose richieste di acquisto provenienti dai giovani nobili che seguivano le sue lezioni private.

Le ragioni di tanto interesse vanno ricercate nel particolare indirizzo pratico attribuito alle scienze matematiche nel corso del Rinascimento, soprattutto in risposta alle nuove esigenze maturate in campo militare. La tecnologia delle armi da fuoco aveva prodotto profondi cambiamenti, anche di ordine culturale, che imponevano all'uomo d'armi sempre più urgenti e approfondite cognizioni matematiche. Nella seconda metà del Cinquecento si erano intensificati i tentativi di costruire uno strumento che potesse svolgere in modo pratico e spedito tutte le operazioni di misura e calcolo necessarie all'arte della guerra, e l'attenzione si era rivolta soprattutto al compasso, simile a un pugnale quando è chiuso, piccolo, maneggevole ma soprattutto geometricamente assimilabile al triangolo, la figura che consentiva di effettuare tutti i calcoli proporzionali. Svariati compassi geometrici o proporzionali erano stati elaborati in precedenza da matematici e uomini d'arme, come Fabrizio Mordente, Federico Commandino, Guidobaldo del Monte, Carlo Teti, Latino Orsini e Bartolomeo Romano.

L'opuscolo sul compasso anticipava un trattato sulle scienze della guerra che Galileo annuncia in una lettera a Belisario Vinta senza mai, tuttavia, intraprenderne la stesura: «Ho anco in pensiero di scrivere alcuni libri attenenti al soldato, formandolo non solamente in idea, ma insegnando con regole molto esquisite tutto quello che si appartiene di sapere e che depende dalle matematiche, come la cognizione delle castramentazioni, ordinanze, fortificazioni, espugnazioni, levar piante, misurar con la vista, cognizioni attenenti alle artiglierie, usi di varii strumenti, etc.» [X, 352].

Le operazioni del compasso

Come si legge nel proemio, il compasso svolgeva «operazioni per lo più attenenti al soldato» e dunque le istruzioni furono scritte in volgare, in modo che «venendo talora il libro in mano di persone più intendenti della milizia che della lingua latina, possa da loro esser comodamente inteso» [II, 37].

L'opuscolo illustra 32 «operazioni» suddivise in sette 'capitoli' corrispondenti alle diverse linee proporzionali tracciate sulle gambe del compasso: 7 operazioni per le linee aritmetiche [II, 373], 7 per le linee geometriche [II, 384], 6 per linee stereometriche [II, 392], 5 per le linee dei metalli [II, 397], 2 per le linee poligrafiche [II, 406], 4 per le linee tetragoniche [II, 407], e una per le linee aggiunte [II, 410]. Altre 9 operazioni sono dedicate all'uso topografico del quadrante removibile che trasformava il compasso in squadra dei bombardieri, in quadrante astronomico, in quadrante delle pendenze, e in quadrante per le misurazioni con la vista [II, 412]. Le operazioni si fondavano tutte sulla proporzionalità dei triangoli simili. Lo snodo del compasso era il vertice comune di numerosi triangoli aventi per lati le linee proporzionali e per base l'apertura del compasso. Servendosi di un compasso comune per la presa delle misure sulle linee proporzionali, mercanti e soldati potevano agilmente risolvere tutti i problemi aritmetici e geometrici della tradizione abachistica: la regola del tre [II, 378], il cambio delle monete [II, 381], il calcolo degli interessi [II, 381], l'estrazione delle radici quadrate [II, 387] e cubiche [II, 393], la divisione proporzionale delle linee [II, 373], la costruzione dei poligoni [II, 406], la quadratura del cerchio [II, 407], le medie proporzionali [II, 391], la duplicazione di aree [II, 384] e volumi [II, 392], i rapporti di peso e volume tra varie materie [II, 399], la misura dei calibri [II, 400], l'assetto dei cannoni [II, 412], la misura delle pendenze, delle altezze, delle distanze e delle profondità [II, 414].

La misura delle distanze era un'operazione fondamentale per il corretto puntamento delle artiglierie. Una volta stabilita la distanza del bersaglio, l'artigliere era in grado di giudicare l'alzo del cannone in rapporto anche al peso dei proietti. La linea dei metalli del compasso gli permetteva di stabilire il rapporto tra calibro e peso del materiale, generalmente pietra o ferro, mentre un accessorio scorrevole su una gamba dello strumento, detto "zanca", gli consentiva di misurare l'alzo con estrema precisione. Per misurare l'alzo il compasso veniva appoggiato sul dorso del cannone con la "zanca" posizionata in modo da renderlo parallelo alla canna da fuoco; data la forma conica del cannone e quella cilindrica della canna da fuoco, infatti, il dorso e la canna non giacciono su linee parallele. Precedentemente all'invenzione di Galileo, si utilizzava per questa operazione la cosiddetta "squadra dei bombardieri" inventata da Niccolò Tartaglia, uno strumento che dovendo essere inserito nella bocca del cannone esponeva pericolosamente gli artiglieri al tiro nemico. Il successo del compasso di Galileo era garantito anche da questo dettaglio niente affatto secondario.

Le dispute sulla paternità dell’invenzione

Il trattato fu pubblicato otto anni dopo la prima elaborazione del compasso. Una delle ragioni che spinsero Galileo a dare alle stampe le sue istruzioni era il pericolo di plagio che fin dal 1603 si era manifestato attraverso uno strumento quasi identico al suo portato a Padova dall'olandese Jan Eutel Zieckmesser. Nonostante ciò, otto mesi dopo la pubblicazione de Le operazioni… Baldassarre Capra ne pubblicò a Padova una versione rielaborata in latino, Usus et fabrica circini cuiusdam proportionis [II, 427-510], rivendicando la paternità dell'invenzione. Poco più tardi, in occasione della pubblicazione del Sidereus Nuncius nel 1610 [III, 51-96], la questione fu sollevata nuovamente da Giovanni Camillo Gloriosi che attribuiva agli olandesi sia l'invenzione del cannocchiale, sia quella del compasso di proporzione per la quale fece il nome del matematico Michel Coignet [X, 363]. In quello stesso anno, tuttavia, il tedesco Johann Faulhaber pubblicava un compasso di proporzione di cui riconosceva la paternità a Galileo in base ad alcune notizie fornitegli da Mathias Bernegger. E quest'ultimo, che probabilmente conosceva lo strumento attraverso l'esemplare donato da Galileo all'Arciduca d'Austria, avrebbe pubblicato tre anni dopo una traduzione latina del trattato di Galileo, aggiungendovi un'illustrazione del compasso e una descrizione sul modo di costruire le linee proporzionali.