Giovanni Targioni Tozzetti

11 settembre 1712 – 7 gennaio 1783

 

Figlio di Benedetto Targioni e di Cecilia Tozzetti, nacque a Firenze l’11 settembre 1712.

La sua prima gioventù fu dominata dalla passione per le “cose naturali” soprattutto botaniche e fossili. La casa dei Targioni in via Ghibellina era frequentata dal grande botanico Pier Antonio Micheli che faceva alcuni suoi esperimenti di coltivazione delle piante officinali nell’”orticciuolo pensile”. Con il Micheli partecipò ad alcune  esplorazioni naturalistiche tra le montagne e le pianure della Toscana. Nel 1730 si recò a Pisa per frequentare l’università laureandosi nel 1734 in medicina e filosofia con una tesi dal titolo De praestantia et usu plantarum in Medicina.

Nel 1734 fu ammesso alla Società Botanica e alla Società Colombaria (con il nome accademico Abboccato).

Il 1737 segnò una svolta nella storia fiorentina ma anche in quella personale di Giovanni. Il 2 gennaio morì Pier Antonio Micheli, il 7 gennaio Targioni fu subito nominato successore del suo Maestro come direttore dell’Orto e Lettore di Botanica nello Studio Fiorentino, il 12 marzo partecipò alla traslazione dei resti di Galileo in S.Croce, l’11 luglio morì Gian Gastone e il giorno successivo, il 12, Francesco Stefano divenne il nuovo Granduca di Toscana iniziando la dinastia lorenese che regnò per più di centoventi anni. Dal 1737 al 1765 il Granducato fu affidato a un Governo di Reggenza. Furono intrapresi numerosi studi sulle risorse naturali della Toscana, necessari per migliorare le condizioni di vita delle persone e per far progredire l’economia.

Su incarico del Governo Lorenese e della Società Botanica tra il 1742 e il 1745 Giovanni effettuò delle spedizioni scientifiche che lo portarono da Firenze a Pisa, percorrendo la valle dell’Arno, successivamente verso Volterra, le colline metallifere, Massa Marittima e la Maremma; poi a Lucca, nella valle del Serchio, a Barga, in Garfagnana, sulle Alpi Apuane fino a Seravezza e Pietrasanta. Tra il 1751 e il 1754 pubblicò la prima edizione in 6 volumi delle “Relazioni d'alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana per osservare le produzioni naturali e gli antichi monumenti di essa”. La seconda edizione in 12 volumi che uscì tra il 1768 e il 1779 riportava i viaggi descritti nella prima con molte e più ampie informazioni, il resoconto di un viaggio fatto insieme a Pier Antonio Micheli nel 1732 nel Valdarno di Sopra e Cortona e i diari che il  Micheli aveva compilato a commento delle  escursioni compiute negli anni 1733 e 1734 rispettivamente nello 'Stato Senese' e nelle Montagne di Pistoia.

Per garantire la più ampia diffusione, il libro fu scritto in «lingua materna e popolare…ed uno stile narrativo, pedestre, semplice, ed intelligibile da tutti, giacché scrivo per tutti, non per i soli Letterati». L’opera fu tradotta e pubblicata in francese con il titolo “Voyage minéralogique philosophique, et historique en Toscane, par le Docteur Jean Targioni Tozzetti”.

Giovanni, parallelamente alla stesura delle seconda edizione delle Relazioni, compilò un catalogo manoscritto della collezione di produzioni naturali che si trovava nel suo Museo privato. Questo manoscritto è stato raccolto in 12 volumi e attualmente si trova al Museo di Storia Naturale di Firenze insieme a gran parte dei campioni che vi sono descritti. Alcuni volumi sono dedicati alla descrizione di animali e fossili mentre gli altri sono dedicati alla litologia e alla mineralogia. Le particolarità e la consistenza della collezione di minerali sono state ampiamente descritte nel volume “Un contributo alla mineralogia settecentesca” – uscito nel 2007.

Per ricordare alcuni esempi che hanno fatto di quest’opera una pietra miliare per l’avanzamento della scienza e dell’economia toscana ricordiamo che Targioni offrì nelle sue “Relazioni” le prime descrizioni scientifiche della zona boracifera, destinata a diventare famosa nel mondo per lo sfruttamento dell’acido borico e l’utilizzazione del vapore proveniente dalle profondità terrestri, i famosi “soffioni”, per la produzione di energia elettrica.

Nel 1739 fu nominato prefetto della Biblioteca Magliabechiana, con il compito di catalogare circa quarantamila volumi e oltre mille manoscritti.

Membro di numerose Accademie nel 1745 fu nominato accademico della Crusca, nel 1749 eletto all’Accademia Etrusca di Cortona e nel 1753 fu tra i fondatori dell’Accademia dei Georgofili.

Nel 1747 si sposò con  Maria Brigida Dandini figlia di Ottaviano Dandini, e nipote di Piero Dandini celebri pittori.

Nel 1754 pubblicò il Prodromo della corografia e della topografia fisica della Toscana, che come spiega lo stesso autore, doveva rappresentare il prodromo, appunto, di una Enciclopedia degli aspetti naturalistici e storici della Toscana per la realizzazione della quale aveva stretto relazioni e amicizie con gran parte degli intellettuali ed eruditi. Questa monumentale opera, non ha mai visto una pubblicazione integrale, ed è raccolta in diciassette volumi manoscritti dal titolo Selva di notizie spettanti all’origine de’ progressi e miglioramenti delle scienze fisiche in Toscana, per uso del dottore Ottaviano suo figlio.

Giovanni durante tutta la sua vita esercitò la professione di medico e nel 1750 fu assegnato al reparto uomini degli incurabili dell’ospedale fiorentino di Santa Maria Nuova

Nel 1756 eseguì le vaccinazioni antivaiolose, fra le prime in Italia, presso lo Spedale degli Innocenti, e i cui lusinghieri risultati furono descritti a stampa nel 1757.

Il successo e la stima gli guadagnarono la nomina a medico del personale di corte. Anche se come si evince da alcune sue carte, era forte un senso di insoddisfazione per la mancanza di tempo per fare nuove ricerche e libere esplorazioni sul territorio.

Nel 1763 ricevette l’incarico di compilare un catalogo delle ingenti collezioni di prodotti naturali conservate nella Galleria Imperiale di Firenze.

Dopo le grandi carestie che afflissero la Toscana negli anni dal 1764 al 1766, il problema dell’agricoltura si era fatto sempre più grave e la ricerca delle soluzioni coinvolse tutti i migliori ingegni del Paese, con Targioni Tozzetti sempre in prima fila, grazie alla sua profonda conoscenza del territorio. Nel 1767 Giovanni pubblicò l’Alimurgia o sia modo di rendere meno gravi le carestie: un lavoro di grossa mole e molto vario. Su un totale di 367 pagine, quasi duecento sono dedicate alle cause meteorologiche delle carestie, così frequenti in Toscana, alla loro cronaca nei sei secoli precedenti e a considerazioni varie, non esclusi i proverbi dei contadini che la riassumevano. Nell’ultima parte, invece, l’autore riferiva, dopo ampie citazioni di scrittori antichi e moderni sull’argomento, i risultati delle sue osservazioni microscopiche sulla ruggine del grano, affermando che la ruggine è un fungo, che si instaura sulle foglie del frumento rubandone il nutrimento.

Sempre nel 1767, Giovanni fece stampare un volume, dedicato a Pietro Leopoldo, dal titolo: Disamina ad alcuni progetti fatti nel secolo XVI per salvar Firenze dalle inondazioni d’Arno, che a sua detta non era “Fiume Reale, ma Torrentaccio rovinosissimo” elemento vitale per la città di Firenze ma altrettanto pericoloso. In quest’opera vi si trovano elementi di assoluta modernità: secondo Giovanni, infatti, le cause della pericolosità dell’Arno non erano solo naturali, ma anche umane in quanto, oltre ad un eccessivo disboscamento, si doveva considerare la forte urbanizzazione operata lungo il fiume dove, “con le Fabbriche fu usurpato, e strozzato il suo alveo naturale: ed ecco il primo errore in Fisica!” Il progetto contenuto nel volume era imponente perché, tra l’altro, si proponeva di deviare il corso dell’Arno nell’Ema; entro Firenze al posto del fiume sarebbe rimasto appena un fosso, e nello spazio recuperato all’alveo si sarebbero potute costruire “diritte, e larghe strade” e piazze “per uso di mercati, e di fiere”.

Nel 1780 furono pubblicate le sue ricerche storico-scientifiche dal titolo Notizie sugli aggrandimenti delle scienze fisiche in Toscana nel corso di anni LX del secolo XVII, documento essenziale per comprendere l’ambiente scientifico toscano del Seicento.

Nell’ultima parte della sua vita si dedicò al riordino delle collezioni del suo Museo privato che era molto visitato dagli studiosi e dagli scienziati di passaggio a Firenze. Le collezioni naturalistiche erano composte di numerosi reperti provenienti dal Museo di Pier Antonio Micheli, che Giovanni aveva acquistato alla morte del suo maestro. Molte acquisizioni di campioni furono fatte durante i “Viaggi” e altrettanto numerosi furono i reperti scambiati con altri naturalisti.  L’intera raccolta fu eredita dal figlio Ottaviano che la studiò in parte modificando la classificazione dei reperti sulla base delle nuove scoperte scientifiche.                 Nel 1829 il Barone Bettino Ricasoli acquistò le collezioni di fossili e di minerali del Museo Targioni, perché aveva progettato di realizzare un corso di studi per l’apprendimento delle Scienze Naturali presso la sua abitazione fiorentina. Quando poi Ricasoli si spostò a Brolio, nel 1838, la collezione fu acquisita dal Museo di Storia Naturale, allora diretto da Vincenzio Antinori.

La parte della collezione riguardante la botanica rimase alla famiglia Targioni fino al 1845. L’Erbario Micheli-Targioni si compone di 263 buste, 10 copertoni, ciascuno circa il doppio di una busta, 108 fasci di piante (taluni fasci di queste ultime furono danneggiati nell’inondazione avvenuta a Firenze nel 1740). E’ costituito da circa 19000 esemplari provenienti in gran parte dalla Toscana, ma anche dal veronese e da altre zone italiane ed estere.

Giovanni Targioni Tozzetti morì il 7 gennaio 1783, conosciuto in Europa per i suoi meriti scientifici, fu uno dei principali attori della politica riformatrice lorenese. Quale riconoscimento alla sua opera e alla sua figura di intellettuale, fu onorato dalla sepoltura in S. Croce.

Con lui iniziò una vera dinastia di naturalisti, col figlio Ottaviano (1755 - 1829) botanico, il nipote Antonio (1785 - 1856) sempre botanico, il pronipote Adolfo (1823 - 1902) zoologo.

Alba Scarpellini